Wednesday 23 July 2014

Rilassarsi e dimorare nello stato originario della mente



 



Rilassarsi e dimorare nello stato originario della mente




  
Geshe Gedun Tharchin
22 marzo 2014 - Milano






















INDICE
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Rilassarsi e Dimorare nello
 Stato Originario della Mente




Il karma inutile........................................................................................................ 

Mahāmudrā - la grande postura.............................................................................. 
















Il karma inutile


Il titolo scelto per il seminario è molto bello e tratteremo questo argomento nella sua semplicità e naturalezza poiché lo scopo della nostra pratica non è raggiungere l’illuminazione nel più breve tempo possibile, non si tratta di una corsa affannosa, al contrario dobbiamo imparare a rallentare i ritmi della vita.
Tendiamo a velocizzare ogni istante perdendolo, vanificandone l’essenza profonda, è come se lanciassimo al massimo l’auto e i freni si rompessero, il rischio sarebbe gravissimo ed è esattamente quello che corriamo quotidianamente.
Il pericolo è ulteriormente potenziato da quest’era in cui si tende a ridurre tutto ad un rapporto virtuale, ci si affida sempre più a internet, il mondo ha subito più cambiamenti negli ultimi trent’anni che in secolo e secoli del passato, ciò che è novità oggi domani sarà già obsoleta, superata in una corsa a incremento esponenziale.
Entro questi stessi schemi si vorrebbe adattare la pratica di Dharma, ma è impossibile oltre che assurdo, la pratica spirituale non può funzionare con velocità da aliscafo che lambisce soltanto la superficie dell’acqua, deve essere compresa, penetrare nel profondo dell’essere, lentamente e fermamente.
Non limitiamoci a sfiorare affannosamente distratti la realtà, usiamo i buoni freni, diamoci il tempo di sentire pienamente il contatto con la terra, evitiamo catastrofici incidenti e procediamo senza paura, senza angoscia.
Questo è dimorare nella mente originaria, rilassare e riposare sia la mente che il corpo, entrambi devono procedere congiuntamente.
Se il corpo non è adeguatamente disteso, tranquillo, nemmeno la mente può esserlo. Il primo elemento che ci permette di ottenere questo stato di benessere fisico è il respiro regolare, aperto, ed è altrettanto importante avere una alimentazione equilibrata e il necessario riposo. Il corpo è il contenitore del cervello, che deve essere nutrito adeguatamente, e anche della stessa mente.
In un corpo rilassato si rilassa la mente che così può iniziare ad osservare il suo stato originario, che non coincide affatto con il cervello e che non risiede in un luogo specifico, è bensì lo stato di una mente innocente, pulita, simile a un foglio di carta bianca, immacolato.
Al fine di poter tornare allo stato originario della mente è necessario purificare la mente ordinaria rallentando la corsa folle dei nostri pensieri, diminuendone gradualmente la quantità e il peso.
Abitualmente ci riduciamo allo sfinimento con i pensieri incessanti, non concediamo pause e siamo completamente in balia di un’accozzaglia disordinata di pensieri utili e inutili, buoni e cattivi, dannosi, che dunque, per primi, devono essere eliminati perché corrompono ogni istante della nostra esistenza, distruggono corpo, mente, anima e spirito.
Però, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre, non sono i pensieri cattivi che occupano la maggior parte della mente, bensì quelli inutili ben più pericolosi perché noi li accogliamo con grande facilità, sono il passatempo preferito, li consideriamo piacevolmente innocui, invece occupano uno spazio così grande e richiedono una tal quantità di energia, senza produrre assolutamente nulla in cambio, che diventano dannosi per la salute fisica e mentale, distruggono l’equilibrio interiore.
Non abbiamo consapevolezza della gravità di questa perdita nella totale improduttività, i pensieri inutili ci impoveriscono, creano karma inutile.
Noi, sbagliando per antica consuetudine ormai consolidata nel DNA, focalizziamo l’attenzione esclusivamente sul karma positivo, che desideriamo, e sul karma negativo, che temiamo, ma in realtà la loro definizione non è così importante, entrambi sono naturalmente presenti, senza che dobbiamo preoccuparcene, si alternano come espressione della nostra umanità, non sarebbe possibile vivere solo con karma positivo, anche quello negativo ha la sua funzione per la nostra crescita umana.
Ciò che invece, con il pesante fardello di preoccupazioni inutili, produciamo abbondantemente è il karma inutile perdendo in questo modo tempo e la stessa vita.
Il karma inutile, non apparendo né positivo né negativo, ci ghermisce nell’inconsapevolezza totale, diviene padrone di ogni nostro istante e perciò è necessario prenderne coscienza, cominciare a diminuire la quantità di inutili pensieri così da ridurre lo stress e lo spreco di energia.
Ma come diminuire i pensieri inutili? Cercando di pensare solo a ciò che è necessario, utile, indispensabile per la quotidianità e lasciar andare tutto il resto. In questo modo ci avviciniamo alla mente originaria, quando riusciamo a ridurre un solo pensiero inutile facciamo un passo verso la mente originaria.
Diminuendo i pensieri inutili ci rilassiamo, cioè diminuiamo lo stress che comporta una gran perdita di energie.
Spreco di energia vitale e stress sono strettamente correlati, sono vicendevolmente causa ed effetto e diventano di fatto, concretamente, il “guru” delle nostre giornate. Soltanto diminuendo i pensieri inutili possiamo diminuirne gli effetti, non c’è nulla da combattere, contro cui lottare, semplicemente abbandonare qualsiasi idea superflua si affacci alla mente.
Lascar andare i pensieri inutili, abbandonarsi al rilassamento della mente svuotata da questa spazzatura è un meccanismo estremamente sottile a livello interiore, spirituale, ma tutti, indistintamente, siamo in grado di gestirlo pienamente poiché è completamente nelle nostre mani, non dipende da nulla e nessun altro.
Al contrario, tutto ciò che avviene all’esterno, nel mondo materiale, nella velocizzazione pazza dell’economia moderna, sfugge completamente al nostro controllo, ne subiamo gli effetti senza poter intervenire in alcun modo.
Ma la spiritualità no, non è soggetta a queste leggi di mercato, è assolutamente libera, illimitata, totalmente a nostra diposizione, senza alcun condizionamento esteriore, per questo possiamo guidarla nel modo migliore, senza spreco di energie, senza stress, con conseguente grande rilassamento naturale, spontaneo, senza sforzo o volontà alcuna.
Questo atteggiamento mentale è il karma, che non deve necessariamente essere soltanto imputabile alle vite passate, è qui ora nelle nostre mani, oggi più che mai, in quest’epoca in cui cambiamenti sono così repentini, abbiamo la possibilità di trasformare, di plasmare il nostro karma, sia esso verbale, fisico e mentale.
Non si deve sprecare tempo ed energia nella preoccupazione del karma negativo o positivo, entrambi sono ciò che sono e nel momento in cui si presentano, in modo esattamente uguale hanno una loro validità, il nostro vero ostacolo è il karma inutile che occupa l’intero spazio mentale alimentando a dismisura lo stress ed esaurendo ogni energia vitale.
Lo stress è inevitabile parte dell’esistenza moderna e in quanto tale non è in sé sempre negativo, anzi nella giusta misura ha una sua positività, come tutte le cose, è stimolo, punto di forza, ma si trasforma in limite e problema quando è eccessivo e assume il totale controllo di noi stessi, quando diventa il nostro unico riferimento.
I pensieri inutili sono la causa dello stress estremo in cui tutti, una o più volte nella vita, siamo incappati, ma quando riusciamo a liberarci da questo eccesso che prosciuga l’energia vitale, il giusto livello di stress rimasto si trasforma in energia liberatrice e ritroviamo immediatamente quello stato di rilassamento benefico e arricchente.
Senza stress non saremmo nemmeno in grado di gustare il rilassamento, sarebbe  quasi scontato, ma il giusto livello di stress ci permette di assaporare il rilassamento come benessere infinito, un vero paradiso, ne abbiamo totale consapevolezza.
Quando l’energia derivante dal giusto livello di stress ci permette di liberarci nella consapevolezza dai pensieri inutili, automaticamente siamo rilassati, uno stato di vera beatitudine, che ovviamente non può essere permanente, ma che deve essere apprezzata pienamente quando accade perché ci dona una chiara visione della realtà e di cui dobbiamo conservare memoria.
La beatitudine non è immobile estasi eclatante, bensì è la consapevolezza dello stesso stato di beatitudine, dell’infinito valore del rilassamento della mente, un’esperienza che si presenta in un momento, e la cui momentanea esperienza deve essere rammentata costantemente così da permetterci in modo spontaneo di evitare i pensieri inutili.
Questo è il karma utile, né negativo né positivo. Le contrapposizioni che costantemente tentiamo di portare in ogni evento, i netti giudizi di bene - male, brutto - bello, buono - cattivo, implicano concetti di lotta, di conflitti, di scontri che non hanno alcun senso, è invece più corretto rivolgere l’attenzione su ciò che è utile e ciò che non lo è, senza ricorrere a nessuna battaglia, né guerra, non c’è nulla da combattere né da conquistare.
Nel rilassamento siamo nell’equanimità in un atteggiamento di uguale rispetto per il karma utile, inutile, positivo e negativo; il nostro lavoro quotidiano consiste semplicemente nel diminuire un poco alla volta, senza fretta, ma con determinazione e coscienza, i pensieri inutili, potremo così constatare come tale diminuzione determini automaticamente un incremento del rilassamento mentale e come questa consapevolezza conduca alla beatitudine della mente originaria.
Quest’attitudine ha attinenza con i meccanismi psicologici, psicoanalitici, ma soprattutto è in relazione al karma, totalmente nelle nostre mani, e la cui attività oggi cambia la nostra vita domani. Non è necessario incarnarsi un’infinità di volte per ottenere questa trasformazione, una vita è più che sufficiente.
Tutti possediamo la stessa qualità della mente di Buddha, dunque non è necessario rimandare ad eventuali ipotetiche reincarnazioni la nostra realizzazione umana, abbiamo questa esistenza a disposizione, tutto è nelle nostre mani, non occorre null’altro, mutiamo le azioni oggi e domani la nostra vita sarà già trasformata. Questa è la potenzialità del Dharma, che si sviluppa nell’attività dei tre tipi di karma di cui tutti disponiamo: karma fisico, verbale, mentale.
Il karma fisico è principalmente fondato sul cambiamento del respiro consapevole, completo, che coinvolge concretamente non solo i nostri polmoni, ma ogni piccolo poro del corpo.
Il karma verbale è legato al nostro modo di parlare che deve avvenire nella concentrazione sulla qualità delle parole, sulla loro effettiva utilità, è necessario abbandonare le parolacce, le chiacchiere futili, le maldicenze.
Il karma mentale è legato ai pensieri che, come le parole, devono essere solo utili, necessari.
Oggi, lo scorrere degli avvenimenti sulla terra ha una velocità che cresce in modo esponenziale, ricordo che mia mamma, analfabeta, ripeteva una grande verità, frutto della saggezza popolare e che io in tanti anni di studio non ho trovato in nessun testo; lei diceva che oggi il karma è velocissimo, anticamente richiedeva il tempo necessario per fare il giro del mondo, adesso è sufficiente un’ora.
Certamente tale velocizzazione è un problema, ma anche una grande possibilità, perché tutto è a nostra disposizione subito, non abbiamo scuse e la nostra responsabilità è totale: qui e ora è il momento migliore per cambiare la nostra vita.
È chiaro il concetto di come rilassarsi nella mente originaria?
La pratica, il modo di attuazione, è una scelta personale, tutto è nelle proprie mani, la natura della mente umana ha in sé il germoglio della stessa qualità della mente di Buddha, questo è assodato.
Le diverse scuole di pensiero del buddhismo tibetano si soffermano su alcune differenze interpretative riguardo lo stato di illuminazione della mente: qualcuno sostiene che sia innato e quindi ognuno è già naturalmente illuminato; altre invece sottolineano che occorrono ulteriori passaggi per ottenere l’illuminazione, e altre ancora dicono che siamo solo parzialmente illuminati.
Ma queste disquisizioni teoriche non ci devono preoccupare, ciò che conta è la capacità di introspezione, di osservare nella profondità del proprio cuore incominciando così a vedere in sé stessi, a sentire il proprio stato interiore, poiché soltanto in questo modo si riconoscono i pensieri inutili e li si può lasciar andare ripulendo la mente che si rilassa completamente, priva di ogni ostacolo e disagio. In questa condizione si sperimenta, anche se solo per pochi istanti, la beatitudine di una quasi illuminazione.
Questa profonda beatitudine, vissuta nella consapevolezza di un momento, dona un’energia solida, è nutrimento sostanziale dell’anima. Non è affatto necessario che questa esperienza duri a lungo, anzi questo creerebbe solo karma inutile poiché ci attaccheremmo immediatamente a ingannevoli fantasie.
La beatitudine nel rilassamento della mente originaria avviene nel giusto momento e aumenta la coscienza nelle proprie capacità di autosufficienza, è uno stimolo, un nutrimento, ma crogiolarsi in essa, compiacersene e voler mantenere permanente questo stato di consapevolezza, di parziale illuminazione, vanificherebbe ogni beneficio, che, al contrario, dura ed è espresso concretamente nell’azione, nella quotidianità, nel lavoro, nel respiro.

Domanda:    Non so se ho ben capito: questi momenti di illuminazione, di risveglio, sono indubbiamente collegati alla pratica meditativa formale, ma lo sono altrettanto nell’ordinaria attività quotidiana, quindi non strettamente dipendenti dall’esercizio meditativo?
Lama:       Si, il rilassamento nella mente originaria va oltre la meditazione formale, può accadere in qualsiasi momento, quando si manifesta la giusta circostanza. Gli ostacoli che incontriamo sono determinati dal malessere presente nella nostra mente, cuore, anima, ma quando questo è assente, quando non esistono preoccupazioni, intoppi, pensieri inutili, il terreno è pronto.
La cessazione della sofferenza, la terza delle quattro nobili verità, significa proprio la diminuzione di questo disagio, delle difficoltà, degli impedimenti che gravano sulla nostra anima, spirito, cuore, sia a livello fisico, che mentale e spirituale.
L’altro giorno mi hanno chiesto se la malattia appartiene alle preoccupazioni mondane o non mondane, difficile rispondere anche perché tutto dipende da come la si vive, generalmente appartiene alle preoccupazioni mondane in quanto, erroneamente, ci identifichiamo con essa, mentre la persona non è mai ammalata, sono soltanto le singole parti del corpo che possono ammalarsi. “…..Io sto male….” Ma quale io? Dov’è questo io? Questa è totale mancanza di consapevolezza.
La cessazione della sofferenza, del disagio, di ogni ostacolo e preoccupazione è possibile a condizione che non ci si identifichi con essi, che si abbia consapevolezza della propria essenza, che è altro, che si sappia guardare in se stessi, non al di fuori e ciò può avvenire soltanto nella profondità della propria, mente, anima, cuore, spirito; se rivolgiamo costantemente l’attenzione all’esterno non otterremo mai nulla e la nostra insoddisfazione sarà sempre più pesante, affonderà nella perdita di tempo e di energia.
Un cuore consapevole, aperto all’amore, alla generosità alla compassione è un cuore naturalmente gioioso e questo dipende esclusivamente da noi, dalla nostra attitudine incondizionata all’amore gratuito, privo di calcolo, di ogni pretesa, dono di sé nell’autentica ricchissima gioia dell’essere nell’equanimità, liberi da qualsiasi giudizio.
Se solo sapessimo maturare la consapevolezza questa visione sarebbe chiarissima, evidente, ma al contrario siamo abituati ad agire senza pensare coscientemente, prima agiamo poi pensiamo e sempre sconclusionatamente, siamo come automi gravati da mille condizionamenti esterni, sommersi dalla confusione di infiniti inutili pensieri.
Nell’equanimità invece vediamo chiaramente la perfetta uguaglianza di tutti gli esseri, e così la generosità, la grande compassione, scaturisce naturalmente e questo porta a dimorare pienamente rilassati nella mente originaria.

Domanda:  Che differenza c’è tra lo stato di beatitudine e quello della mente originaria? Non credo siano la stessa cosa, dovrebbe esserci un passaggio riconoscibile da uno stato all’altro.
Lama:          Lo stato della mente originaria è la vacuità della mente, ai livelli più sottili della Mahāmudrā in cui si sviluppa la concentrazione, samādhi, sulla vacuità della mente. Riconoscere la propria mente è avere esperienza tangibile della realizzazione della vacuità della mente.
Questa realizzazione può essere articolata su vari livelli, non solo quello della chiara visione. Il primo passo, fondamentale, è il livello concettuale basato sulla conoscenza della vacuità della mente, non la sua realizzazione.
Noi ci identifichiamo continuamente con la nostra mente, io e mente ci appaiono la stessa cosa, ma quando riusciamo ad osservare la mente nella sua natura vuota il nostro ego è sgretolato, vediamo che non c’è nulla di solido, di concreto, di tangibile e si apre un ampio spazio.

Ora facciamo una breve pausa.





Mahàmudrà - la grande postura


Iniziamo questa seconda parte meditando con concentrazione sulla mente originaria per qualche istante.
(segue meditazione)

È fondamentale non scordare mai che siamo, individualmente, persone irripetibili e rare, un’unità veramente preziosa.
Nel buddismo tibetano, a differenza della tradizione indiana, non ci si accosta a nessuna pratica senza aver prima preso rifugio nei “tre gioielli”, “dkon-mchog”, che corrispondono a Buddha, Dharma e Sangha, a cui si aggiunge un ulteriore gemma, il Guru.
Il rifugio nei tre gioielli è fondamentale, ma ricordiamo che il Buddha ha ribadito instancabilmente che: “tu sei il protettore di te stesso, unica guida per scegliere la tua vita, io ti posso soltanto indicare la via, ma tu decidi per te stesso, nessun altro può farlo al posto tuo”. Dunque proprio in questa unicità responsabile scopriamo in noi il quarto gioiello “dkon-mchog”, raro e prezioso in cui è altrettanto doveroso prendere rifugio poiché è il livello ultimo, l’essenza profonda della dimora nella mente originaria.
La nostra mente originaria è il coraggio, la forza, la dignità, la fiducia, il valore ultimo in cui nessun altro, dall’esterno, può interferire. Questo è il dono del sorgere della vita umana, la nostra preziosità esclusiva che dobbiamo accudire con cura senza perderci nel karma inutile.
Ricordiamo i semplici passaggi necessari per evitare la creazione di karma inutile: parlare solamente di ciò che è utile o indispensabile; occuparsi soltanto delle faccende necessarie alla vita quotidiana; non disperdersi in pensieri vani e non essenziali.
In questo modo scopriremo di avere molto tempo a disposizione, un ampio spazio liberato da tutta l’immondizia, pulito, in cui ritrovare la nostra vera origine spogliata da tutte le sovrastrutture superflue, inerti, false e illusorie.
È assolutamente necessario abbandonare completamente le costruzioni effimere dell’immaginazione ingannevole rimanendo invece saldi nella Mahāmudrā, unico strumento veramente essenziale, la grande postura, fisica, verbale e mentale che induce automaticamente e naturalmente il cambiamento del karma con dignità, gentilezza, amore, saggezza.
Non serve a nulla e a nessuno annotare meticolosamente la contabilità delle pratiche effettuate al fine di accumulare ipotetico karma positivo, ma, come diceva il famoso maestro Marpa, la cosa essenziale per eliminare ogni negatività è rimanere stabili nella grande postura con corpo, parola e mente, tutte le altre fantasie, i pensieri e le preoccupazioni per le future realizzazioni o per l’esecuzione perfetta delle varie pratiche, sono vani orpelli e pesante zavorra.
Ciò che unicamente conta è giungere all’essenziale, mantenersi saldi nella grande postura, nel grande modo di essere, senza preoccuparsi di cosa o come fare, ma semplicemente di Essere, autenticamente, naturalmente.
Mahāmudrā è stato erroneamente tradotto con il termine “grande sigillo”, che nelle lingue occidentali non ha alcun senso, invece “mahā” significa grande e “Mudrā” gesto, dunque il grande gesto, la postura, il modo di essere, il comportamento, l’etica espressa nella nuda essenza della persona sul piano fisico, verbale e mentale.
Nel buddhismo sono attribuiti al Buddha tre corpi: Dharmakāya, Sambhogakāya, Nirmānakāya, mentre a noi ne sarebbe concesso soltanto uno, ma in realtà questo non è esatto poiché anche in noi è innato l’embrione di tutti e tre: la nostra saggezza e conoscenza corrisponde al Dharmakāya; il corpo mentale, spirituale, del sogno al Sambhogakāya; la nostra esistenza reincarnata in questa vita al Nirmānakāya, questa tridimensionalità non è esattamente quella di Buddha, ma è pur sempre somigliante.
In effetti però si parla non solo di tre, bensì di quattro corpi del Buddha, e dunque questa ulteriore classificazione riguarda anche noi e il quarto corpo è Dharmakāya che si manifesta in duplice forma: il corpo di saggezza e il corpo di arcobaleno che corrisponde allo stato di vacuità della mente originaria.
Su questo ultimo punto esistono varie interpretazioni, ma quella che io trovo maggiormente corrispondente alla mia visione è la definizione del corpo di arcobaleno come vacuità della mente originaria.
Il Dharmakāya nella sua duplice forma di realtà convenzionale e ultima corrisponde alla vacuità della propria mente originaria articolata nella relazione tra un soggetto e un oggetto: la saggezza che osserva la vacuità della mente originaria è il soggetto, mentre la vacuità della mente originaria è l’oggetto osservato.
I corpi sono tutti inscindibilmente correlati, il Sambhogakāya è la forma prima, originaria e il Nirmānakāya ne è la manifestazione fisica.
Questi quattro corpi, simili a quelli di Buddha, sono parte della natura umana, del valore umano, sono la nostra immensa ricchezza e l’interconnessione tra loro è karma mentale, verbale, fisico che, espresso nell’attività quotidiana, definisce chi siamo.
Noi commettiamo ripetutamente lo stesso errore: esaminiamo, analizziamo ogni dettaglio esterno, giudichiamo gli altri e vogliamo sapere chi essi sono, ma l’unica vera domanda sensata che dovremmo porci è: “chi sono io?”, soltanto con quest’ottica possiamo applicare la grande ricchezza della nostra umanità invece di disperderla in inutili fantasie esteriori.
Questi quattro corpi sono la nostra immensa ricchezza che ci fa praticare la Mahāmudrā, cioè ci fa vivere nelle quattro essenze della vita, è come se la nostra esistenza si esprimesse durante il giorno nella manifestazione fisica, Nirmānakāya e nella notte nel corpo del sogno, non fisico, puro, di arcobaleno, Sambhogakāya e Dharmakāya.
Nella natura della nostra mente si verifica l’unione della saggezza che conosce la vacuità della mente originaria e la vacuità della mente originaria stessa, e questa è la realizzazione del nostro Mahāmudrā.
E’ tutto chiaro?

Domanda:  Per nulla, non so se ho capito: nella nostra coscienza c’è la vacuità della mente e contemporaneamente c’è la conoscenza, la consapevolezza, della vacuità della stessa mente, è così? È questo Rigpa?
Lama:          Si, perfetto, possiamo umilmente dire che non essendo ancora illuminati, noi non abbiamo realizzato i quattro corpi del Buddha, ma ne possediamo i quattro lignaggi.
L’unione dei quattro corpi, o anche soltanto il loro lignaggio, è il Vajradhara. “Vajra” significa diamante e “dhara” ne indica il possesso.
Il diamante ancora grezzo, opaco come sasso corrisponde al lignaggio, mentre il gioiello brillante frutto del grande lavoro di intaglio e pulizia è la realizzazione dei quattro corpi, quindi anche noi possediamo pienamente questo diamante, ma è ancora un pezzo di roccia scura che richiede molto impegno e lavoro per poter manifestare la sua luce splendente e pura.
Il primo pesante ostacolo che impedisce la trasformazione della pietra grezza in diamante è l’irrinunciabile attitudine ad aggrapparsi al proprio io a mantenervisi ancorati in un groviglio di corde e nodi che invece devono essere pazientemente districati, uno ad uno, con costante, equanime applicazione di amore e compassione, il vero, unico nutrimento per il nostro autentico sé.
Utilizzando una metafora potremmo dire che l’equanimità è la buona fertile terra, l’amore e la gentilezza sono l’acqua acqua fresca, rigenerante con cui annaffiare il campo, la compassione è il seme che germoglia nel terreno così curato, e tutti questi fattori congiuntamente costituiscono la bodhicitta che si manifesta in duplice aspetto: convenzionale e ultimo.
La bodhicitta è il cuore di Bodhisattva nella sua natura di compassione e saggezza e la buona notizia è che in ognuno di noi esiste questo embrione, dobbiamo semplicemente permettergli di crescere, accudirlo e svilupparlo.
Questa è la nostra vera, unica e insostituibile grande ricchezza, lo splendore della cultura umana, peccato che non ce ne rendiamo conto e il più delle volte la buttiamo via preferendo rivolgere totale attenzione ed energia all’acquisizione delle ricchezze materiali, ma la ricchezza interiore non può nemmeno essere messa in paragone alla ricchezza materiale che non vale assolutamente nulla, è pura illusione anche se noi, completamente accecati, la riteniamo l’unico bene possibile cadendo così nell’inganno più macroscopico e devastante.
Liberarci da questi ostacoli è la pratica di Mahāmudrā, che a livello teorico, astratto, è descritta come il grande gesto, il grande modo di essere, di pensare, di agire, e a livello concreto si manifesta in ogni istante dell’esistenza motivato dalla grande compassione.
Solo nella grande compassione è davvero possibile liberarci dall’attaccamento al proprio ego.

DomandaDi fronte ai sentimenti, come si può non cadere nell’attaccamento al sé, evitare il desiderio di possesso?
Lama:          Con la trasformazione interiore, perché i sentimenti non derivano dall’attaccamento al sé o dalla mancanza di compassione, ma sono parte naturale dell’essere umano, perciò sta a noi indirizzarli nel modo corretto, magari cambiando ambiente e circostanze, annaffiandoli sempre con la fresca acqua dell’amore. L’attaccamento al sé è più strettamente collegato alla propria interiorità profonda, mentre i sentimenti sono spesso condizionati dalla fisicità, si agisce su piani diversi.

Domanda:  Certamente andando avanti con l’età è più facile gestire correttamente i sentimenti, perché in gioventù si è letteralmente travolti dall’innamoramento che pare non possa essere dominato in alcun modo, mentre nella maturità si è completamente assorbiti dagli affetti familiari, ma in modo altrettanto esclusivo e forse un equilibrio tra questi due estremi, il non attaccamento vero, corrisponde ad una vita quasi monastica, non credo ci siano altre alternative. Perché se è vero che con l’età tutto migliora rimane comunque fortissimo l’attaccamento verso i figli, come è possibile liberarsi anche di questo? Io non lo so, mi pare impossibile.
Lama:          Qualcuno vuole rispondere?
Intervento: Potrebbe essere di aiuto sviluppare il significato della sofferenza nel buddhismo? nelle religioni che conosciamo, nel cristianesimo ad esempio, rappresenta una leva fondamentale.
Lama:          La sofferenza è indispensabile alla crescita umana. Non deve essere eccessiva, insopportabile, ma nella giusta misura è nutrimento, benedizione, ci permettere di crescere, di maturare la nostra umanità.
Non esiste mai nulla di assolutamente negativo, né dolore, né rabbia, né odio, né pensieri negativi, perché tutti possono essere mezzi abili per trasformare davvero se stessi, l’importante è mantenerli nella giusta misura e utilizzarli equamente. Senza i cosiddetti elementi negativi non potrebbero esistere nemmeno quelli positivi.

Domanda:  Quindi tu dici che tutte queste emozioni esistono e nella giusta misura sono addirittura necessarie, il problema però è che noi dobbiamo avere la capacità di vederle con un certo distacco senza mai identificarci in nessuna di esse. È questo il nostro lavoro?
Lama:          Certamente, il giusto equilibrio è la chiave dell’esistenza.

Domanda:  Mi ha colpito molto, anche perche non ne avevo mai sentito parlare, il concetto del karma inutile, apparentemente semplice, ma in realtà non facile da assimilare pienamente, credo debba essere approfondito in una riflessione non banale e allora chiedo se hai suggerimenti su come possiamo iniziare ad addestrarci per limitare il karma inutile?
Lama:          Si può cominciare a non sprecare parole e tempo in futilità, ma parlare, pensare e agire solo in ciò che è utile, indispensabile, necessario alla vita quotidiana. Il cambiamento di un’attitudine consolidata e totalmente opposta non può avvenire istantaneamente, ma soltanto mantenendo viva la consapevolezza dell’intenzione, giorno dopo giorno, si diminuirà lentamente e progressivamente il karma inutile. La pratica quotidiana nella Mahāmudrā è il grande aiuto.

Domanda:  Ritornando alla saggezza popolare e semplificando, un valido strumento non potrebbe essere il ricordare continuamente a se stessi: -smettila di preoccuparti troppo e di crearti vane aspettative-?
Intervento: Si credo proprio che il problema sia nelle aspettative, non bisogna avere aspettative su nulla, a nessun livello…
Lama:          Per tutto vale la giusta misura, la famosa via di mezzo è il fondamento di ogni fenomeno, si tratti di attaccamento, di rabbia, di gelosia, o di compassione, tutto deve essere nell’equilibrio della via di mezzo, questa è la grande Mahāmudrā.

Domanda:  In relazione al karma io non ho capito cosa intendi affermando che sia il karma positivo che negativo si equivalgono e soprattutto mi ha stupito sentire che avere troppo karma positivo non va bene, vorrei capire perché?
Lama:          Perché è necessario mantenere senza eccezione l’equilibrio in modo che l’energia possa agire armonicamente, solo in questo modo la nostra umanità può maturare, svilupparsi in ogni suo aspetto. Per questo si insiste tanto sulla via di mezzo.
Nello sbilanciamento tra karma positivo e negativo cresce il karma inutile e per poterlo evitare è necessario imparare a vivere pienamente la propria umanità in amore e compassione, armonia interiore, senza giudizi e discriminazioni, in perfetta equanimità.

Domanda:  Quindi questa assenza di karma è quella descritta nel sūtra del cuore, il Bodhisattva è infatti andato oltre qualsiasi karma, perché il karma è un prodotto dell’ego sempre…
Lama:          Non esattamente, il karma appartiene alla seconda nobile verità, la causa della sofferenza, e qualsiasi karma porta sofferenze, sia negative che positive. Non avere karma non significa essere nel nirvāna, ma essersi liberati dal suo condizionamento, quindi il nostro paziente e lento lavoro è cercare di abbandonare il karma un poco per giorno, senza attendersi risultati eclatanti, la giusta misura in tutto è la chiave.
Anche troppo karma positivo può far male perché induce illusioni anche gravi su se stessi e allora è necessaria, indispensabile, altrettanta sofferenza per permetterci di vivere pienamente la nostra umanità.
L’assenza di sofferenza sarebbe altrettanto devastante come la sua presenza eccessiva. Si ritorna sempre al concetto fondamentale, la via di mezzo è l’unico percorso che ci permette di sviluppare appieno il dono prezioso della vita umana.

Grazie a tutti per questa condivisone e a conclusione reciterò in tibetano a nome di tutti la preghiera di dedica dei meriti che offriamo per la realizzazione della grande compassione, della Mahāmudrā, per le persone di questo centro e per tutti gli esseri.


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